Premessa doverosa: in tutta la vicenda, la società partecipata regionale Casino spa è considerata dagli inquirenti (e a buon titolo) ignara parte lesa e semmai possibile parte civile in un futuro processo.
Sta di fatto che per la Procura di Brescia, titolare del fascicolo, un gruppo di presunti maxi evasori fiscali finiti agli arresti, tra i quali l'indagato di 'spicco' è l'insospettabile giudice tributario 61enne Donato Arcieri, dopo aver organizzato una super frode fiscale ai danni dello Stato da 90 milioni si è servito – per il proprio schema di ripulitura e reinvestimento del denaro – anche dei casinò di Venezia, Sanremo, Campione d’Italia e Saint Vincent. Dalle minuziose indagini della Guardia di finanza non è emersa alcuna responsabilità delle Case da gioco, che sono risultati meri soggetti passivi 'vittime' dei quattro, che al Casino con i proventi dell'attività illecita hanno acquistato fiches, tramite una lunga e paziente operazione di cambio sotto soglia minima.
I vertici della Casa da gioco valdostana attendono di conoscere ulteriori aspetti giudiziari e di approfondire la vicenda prima di decidere eventuali azioni a tutela dell'azienda, che allo stato attuale risultano altamente possibili.
Lo svolgimento dell'inchiesta
L’attività investigativa è stata condotta nel 2021 e, al termine delle indagini, sono stati arrestati e posti ai domiciliari il giudice tributario di Brescia Donato Arcieri (giudice in tre delle 26 sezioni della Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia), il consulente fiscale Giuseppe Fermo (Milano) e due imprenditori lombardi: Luigi Bentivoglio e Antonino Sortino. Per la maxi evasione da 90 milioni di euro sono però indagate altre 86 persone che secondo gli inquirenti hanno aiutato la 'banda delle fiches' (così soprannominata dai magistrati bresciani) ad acquistare chips e fiches nei diversi casinò.
Le accuse sono a vario titolo evasione fiscale, corruzione in atti giudiziari, riciclaggio e dichiarazioni fraudolente, con emissione di fatture da decine di milioni di euro per operazioni inesistenti.
Il prossimo 8 giugno è prevista la prima udienza alla quale non parteciperà Giuseppe Fermo, processato con giudizio abbreviato e già condannato.
L'indagine è scaturita dai controlli in una ditta di manutenzione collegata ad Antonino Sortino; ulteriori accertamenti hanno permesso di rinvenire, in un capannone di proprietà dello stesso Sortino 779.000 euro in contanti.
L'imprenditore era stato subito arrestato perché aveva offerto 70mila euro ai finanzieri che stavano svolgendo gli accertamenti: per il reato di è già stato condannato.
Per l’accusa il consulente Giuseppe Fermo lavorava attivamente per gli evasori in un ufficio di proprietà di una società riconducibile al giudice Arcieri. Nell'ufficio sono state trovate fatture false e documenti di un causa tributaria conclusa nel 2019 a favore di una società di proprietà degli indagati per una presunta evasione fiscale da 255.000 euro. Una causa che sa di teatrino: i due imprenditori erano 'giudicati' da Arcieri e il loro consulente legale era Fermo.