Religio et Fides - 26 marzo 2023, 09:00

Lettura d'arte domenicale, a cura di don Paolo Quattrone

Sebastiao Salgado (1944) è uno dei più importanti fotografi della contemporaneità che usa i suoi scatti per raccontare il pianeta e l’umanità mostrandone la bellezza ma anche le ferite, la povertà, il volto deturpato come nel caso dello scatto dal titolo Brazil, 1983, dove alcuni bambini rovistano tra la spazzatura

Brazil, 1983 di Sebastiao Salgado(1944)

Brazil, 1983 di Sebastiao Salgado(1944)

"Ecco, io apro i vostri sepolcri", è con queste parole del Signore che si apre la prima lettura tratta dal libro del profeta Ezechiele in piena sintonia con il brano del Vangelo dove assistiamo alla risurrezione di Lazzaro.

Gesù riporta in vita il suo amico ma se è vero, come Lui stesso ci ha rivelato che anche noi siamo suoi amici, vuol dire che tutti possiamo essere riportati alla vita e questo non solo quando moriremo ma ancor prima perché anche da vivi si può essere morti dentro e questo accade quando accumuliamo peccati, preoccupazioni e tensioni che soffocano ogni vitalità.

Torniamo all’immagine del giardino, vi sono in esso luoghi verdeggianti e rigogliosi, piacevoli alla vista, così come zone aride che ci ricordano che non siamo perfetti ma anche discariche abusive, buchi dove c’è il rischio che vi gettiamo immondizia. Mi colpisce sempre un passaggio del racconto della risurrezione di Lazzaro, precisamente dove Giovanni ci sottolinea che dal sepolcro sarebbe uscito cattivo odore poiché il cadavere era lì già da quattro giorni.

Nel nostro giardino interiore ogni tanto rischiamo di imbatterci in qualche cattivo odore che proviene da quelle cavità dove gettiamo i nostri peccati, le ferite e le fatiche, nell’illusione che spariscano ma in realtà le stiamo solo nascondendo ai nostri occhi. Nessuno terrebbe l’immondizia in casa o nasconderebbe la polvere sotto il tappeto e tanto meno abbandonerebbe i rifiuti in luoghi non idonei deturpando l’ambiente; eppure noi ci comportiamo così con i nostri peccati.

Vi sono degli spazi cavi del nostro giardino interiore dove andiamo a buttare la spazzatura esistenziale: ciò che non ci piace di noi, le ferite esistenziali, le sconfitte, le amarezze, le tensioni, le questioni non risolte e le mancanze senza renderci conto che quella roba lì non è dimenticata per sempre anzi, prima o poi marcirà e l’olezzo si farà sentire.

Siete mai passati nei pressi di una discarica? Ecco, lo stesso odore lo provocano i nostri peccati quando li lasciamo nascosti qua e là nella nostra interiorità.

Occorre puntualizzare il significato di peccato: non è qualcosa che faccio contro Dio ma contro me stesso, è sbagliare strada, è fallire il bersaglio, è perdere di vista la felicità che Dio desidera per tutti noi mentre il peccato è quando manchiamo questo obiettivo allontanandocene.

Uno degli aspetti che minaccia maggiormente la nostra felicità e che di conseguenza è uno dei peccati maggiori è il tenerci dentro le cose nascondendo in qualche pertugio le schifezze dell’esistenza senza renderci conto che quella roba invece di sparire fermenta e quando meno ce lo aspettiamo si fa sentire.

Sebastiao Salgado (1944) è uno dei più importanti fotografi della contemporaneità che usa i suoi scatti per raccontare il pianeta e l’umanità mostrandone la bellezza ma anche le ferite, la povertà, il volto deturpato come nel caso dello scatto dal titolo Brazil, 1983 dove alcuni bambini rovistano tra la spazzatura.

Ognuno di noi giornalmente produce rifiuti e sappiamo quanto sia attuale il problema del loro smaltimento. Vi è però anche la spazzatura esistenziale che si genera da ciò che viviamo quotidianamente e il rischio che corriamo tutti è quella di accumularla, di gettarla in qualche buco della nostra interiorità senza renderci conto che quella roba prima o poi puzzerà e inquinerà.

Questo tempo di Quaresima può essere un buon momento per fare un giro di ricognizione nel nostro giardino interiore in compagnia di Gesù e portarlo in quei buchi e sepolcri dove abbiamo nascosto le nostre schifezze per tirarle fuori e affidarle al suo perdono. Noi nascondiamo i peccati a noi stessi, le nostre ferite e i pesi perché così facendo pensiamo di vivere meglio e di salvare le apparenze ma ci sbagliamo. Questo lavoro ci viene un po’ istintivo farlo, ci dà la percezione di sopravvivere agli errori, agli affanni, ai problemi e allora occorre ogni tanto andare a stanare la spazzatura e questo lo si fa fermandoci e ricorrendo alla confessione, al sacramento della riconciliazione per aprire i buchi, i sepolcri dove si è accumulata la spazzatura dei peccati e fare così un po’ di pulizia.

Dio non si schifa anzi desidera che gli affidiamo tutto ciò che marcisce nei nostri cuori per riportare il profumo nel nostro giardino interiore e farci così tornare alla vera vita e alla vera felicità.

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Letture d’arte è un’idea nata dieci anni fa che don Quattrone ha realizzato e che sta portando avanti per il settimanale Il Corriere della Valle della Diocesi di Aosta.

Si tratta del commento delle letture della domenica compiendo un viaggio nello sconfinato panorama della storia dell’arte.

Ogni settimana accosta la Parola di Dio della domenica ad un’opera, spaziando in varie forme espressive quali la pittura, la scultura, l’installazione, la fotografia, l’architettura. Si tratta di un percorso che si muove nelle varie epoche, senza pregiudizi, scoprendo la forza e la bellezza non solo dell’arte antica ma anche di quella moderna e contemporanea.

Questo cammino è iniziato quasi per gioco e sulla scia degli studi compiuti all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano dove Paolo Quattrone si è laureato nel 2008. La sfida è quella di riscoprire l’arte come canale privilegiato per rientrare in noi stessi, parlare di Dio e andare a Lui.

Il pensiero di fondo che caratterizza questa esperienza è quello che un’opera d’arte è tale nel momento in cui riesce a farci andare oltre la superficie, oltre la realtà. L’artista, come sosteneva Kandinskij, è un sacerdote che ha la missione di aprirci una finestra verso l’oltre, per farci accorgere che esiste una dimensione spirituale, per aiutarci ad esplorare i sentieri dello spirito.

Questo ha portato don Quattrone ad affermare senza ombra di dubbio che tutta l’arte è sacra. E’ un errore immenso distinguere tra arte sacra e profana! Esiste l’arte religiosa e non, ma non è il soggetto rappresentato che rende sacra o meno una pittura, una scultura, un brano musicale o un film ma è ciò che trasmette, l’energia, la forza che suscita nel cuore dello spettatore.

Questa esperienza è possibile non soltanto ammirando opere a soggetto religioso ma anche contemplando quadri, sculture, installazioni che apparentemente sembrano non comunicare nulla di profondo. Un’opera d’arte è tale quando acquista una sua autonomia, una vita propria, quando riesce a far compiere all’osservatore riflessioni e percorsi che vanno oltre le intenzioni dell’autore.

Accostare Parola di Dio e arte vuol dire far convivere due canali che hanno la finalità di farci andare oltre la superficie, che conducono l’uomo a pensare, a scoprire la dimensione spirituale della propria esistenza.

 

don Paolo Quattrone-red.laprimalinea.it

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