Editoriale - 15 gennaio 2023, 10:00

Quando dire 'no' è l'unica scelta possibile

Quando dire 'no' è l'unica scelta possibile

Nel bar di un paesino delle Langhe bagnato dal Bormida entrarono, un giorno di qualche anno fa, tre ragazzi di Forza Nuova. Erano in campagna elettorale e volevano lasciare dei ‘santini’ e un manifestino, da appendere nel locale, che annunciava un comizio.

Da un tavolo si levarono le voci di quattro anziani: lavoratori dei campi con le mani dure, piene di calli; le spalle curve ma allenate tutta la vita a portar pesi. Con poche parole invitarono i tre militanti di estrema destra a raccogliere il materiale di propaganda e andarsene: questi, come spesso fanno gli estremisti nostalgici delle dittature di qualunque colore quando si sentono attaccati, iniziarono a invocare il diritto a esprimere le proprie opinioni, il rispetto della democrazia eccetera.

Male fecero i forzanovisti a non accogliere l’invito: si ritrovarono fuori dal bar, sul selciato, con la pelle delle guance arrossata e qualche strappo sulle magliette senza nemmeno aver ben capito cosa era successo.  

Era successo che lì in quel bar, in quel paese sul Bormida, in quel pezzo di terra d’Italia i fascisti non li volevano, né quelli vecchi né quelli giovani.

Li avevano già visti all’opera tanti anni prima, accompagnatori dei boia tedeschi delle SS, spie e ‘segnalatori’ per vendetta di povera gente innocente; ne avevano saggiato la vigliaccheria e la crudeltà nel modo peggiore: case saccheggiate e bruciate, famiglie sterminate. Nelle Langhe questo è stato e nelle Langhe l’antifascismo non è ideologia, non ha alcun colore politico; è ricordo, senso della Storia. Nulla di personale, ci mancherebbe. 

I quattro anziani contadini non erano comunisti e men che meno ex partigiani iscritti all’Anpi: due di loro inoltre avevano sostenuto la Lega di Gianfranco Miglio e gli altri non avevano alcuna idea politica in particolare; andavano a votare per dovere civico, non certo per passione, quella era riservata al campo (ormai, semmai, all’orto) e alla famiglia.

Ma l’affronto dei ‘fasci’ a calpestar la terra di casa loro, dove ancora è viva la memoria del sangue versato no, non lo potevano accettare. Il ricordo delle urla, degli spari, del sangue e delle risa degli assassini e stupratori ubriachi è sentimento più di qualunque appartenenza 'rossa'. Erano stati nazisti e fascisti, quindi qui nazisti e fascisti mai più.

Questo solo per dire che non deve esserci sempre una spinta ideologica, una scelta di campo, un'opinione a muovere le nostre azioni. A volte le cose si fanno perché ‘si devono’ fare e il motivo sta proprio nel fatto che non si può agire altrimenti. Può essere una questione di etica, di rispetto per sé stessi, di protezione quando non di vera e propria sopravvivenza.  

La salvaguardia di un territorio alpino semi-inviolato, ad esempio, è e deve essere desiderio e impegno di tutti. Su come mantenerlo al riparo da disastri possono esserci diverse idee e progetti, anche magari contrastanti ma l’obiettivo deve essere uno solo e unanimemente condiviso.

Lo stesso discorso vale per la legalità:  non si è onesti perché s’indossa un’uniforme, si ricopre una carica pubblica o si è iscritti a un Ordine professionale. La legalità la esercitiamo tutti perché  non c’è un modo diverso di vivere nella comunità ed è patrimonio del più umile come del più ‘alto’.

E poi c’è il diritto all’intolleranza, all’indignazione. Intolleranza verso le sopraffazioni e gli abusi di ogni tipo che tutti i giorni sono commessi nel mondo. Dire ‘no’ quando non si può in alcun modo dire ‘sì’ è un gesto trasversale e certamente politico nel senso migliore del termine. Basta guardarsi attorno per trovare motivi che giustifichino la nostra indignazione. La violazione dei diritti, non importa da parte di chi, può soltanto suscitare la nostra reazione intollerante: sui diritti non si transige.

L’indignazione è il contrario dell’indifferenza, l’anti-sentimento peggiore che possa esistere. Non diciamo mai “Io che ci posso fare?” perché tutti possiamo fare sempre qualcosa; l’azione, la ribellione alle ingiustizie è una qualità umana essenziale; all’indignazione segue quasi sempre l’impegno.

E l’impegno è il motore della nostra libertà, della nostra indipendenza, del nostro miglior agire in mezzo agli altri. La vita ci è stata donata, la responsabilità è un bene che si conquista.

patrizio gabetti

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