Fresco di Stampa - 09 dicembre 2022, 10:35

La Libreria à la Page offre oggi la recensione di 'Spirit Exit' di Caterina Barbieri

Caterina Barbieri è l’artista italiana di elettronica più amata all’estero in questo momento. Ha talento, un’estetica incredibile dannatamente cool pur facendo qualcosa che, fino a ieri, era per pochi eletti dell’elettroacustica. "Spirit Exit" ne allarga lo spettro sonoro e potrebbe essere il disco della consacrazione internazionale definitiva.

La Libreria à la Page offre oggi la recensione di 'Spirit Exit' di Caterina Barbieri

Caterina Barbieri dimostra con Spirit Exit di aver saputo trarre beneficio dalle avversità. Costretta all’isolamento nel proprio appartamento milanese durante il primo lockdown, è riuscita a concepire e realizzare là l’opera finora più ambiziosa del suo curriculum discografico.

Nel farlo, ha tratto ispirazione dall’esperienza di recluse per vocazione o carattere: Teresa D’Avila, di cui cita in particolare il testo del 1577  "Il castello interiore", ed Emily Dickinson, rievocata in "The Landscape Listens" – che conclude la sequenza su un registro ambient dolente e meditativo –da uno scorcio della poesia "C’è una certa inclinazione di luce", dove appunto “il paesaggio ascolta”.

Menziona poi un’altra donna fra le stelle polari che l’hanno guidata nel cammino creativo: la filosofa femminista Rosi Braidotti, autrice del saggio “Il postumano”.

Immaginiamo sia perché dà fondamento teorico alle idee da lei espresse a proposito delle macchine come “estensioni del corpo umano”.

Novità di maggiore rilievo è però l’uso della voce, che in “Transfixed” gorgheggia in cerca di una melodia arcaica e in “Canticle of Cryo”f ormula frasi compiute, per quanto di ardua decifrabilità (“Tu sciogli il tempo, sciogli i cieli, sfidi i secoli”, s’intuisce a un certo punto), incalzata da un avvincente crescendo minimalista.

Accade lo stesso nell’elegiaca “Broken Melody”, che esordisce minacciosa (“Anche se te ne sei andato, ti perseguiterò”) per sfociare in un idillio esistenzialista (“Come un fiocco di neve che si scioglie in bocca, il nostro futuro è così volatile”) .A precedere quella traccia, la più breve del lotto, è viceversa la più estesa, oltre la soglia dei dieci minuti: “Knot of Spirit”.

Curioso –considerato il peso attribuito nella circostanza all’elemento vocale – che si tratti della versione strumentale di un brano dalla solennità liturgica affidato in origine al canto lirico di Lyra Pramuk. Al polo opposto, in termini emotivi, è collocato “Terminal Clock”: due passi appena dall’ingresso in un rave, tanto accentuato è il traino ritmico. Affine per sensibilità e gusto alle imprese del connazionale Lorenzo Senni.

Spirit Exit è un disco dotato di fascino austero.

A cura di SpazioMusica

red.laprimalinea.it

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