Cultura - 26 novembre 2022, 13:00

Profound Mysteries II - Röyksopp

'Profound Mysteries tende alla magia evocata nel titolo toccandola in alcuni punti. È quanto basta per farne un disco con le sue ragioni d’essere, autonomamente dalla narrazione, del marketing e dai cortometraggi abbinati'

Profound Mysteries II - Röyksopp

Otto anni fa Svein Berge e Torbjørn Brundtland avevano dichiarato con 'The Inevitable End' la fine di un ciclo.

Non avrebbero più fatto album, almeno nel senso tradizionale del termine.

Un vero peccato perché quel disco più che di commiato sembrava aprirli a nuove possibilità electro-cosmiche. Tra dance e pop, i consueti nordici carotaggi nell’elettronica degli 80s e dei 90s, le melodie impressioniste quando lasciate agli strumentali, il duo, allora come ai tempi dell’esordio Melody AM, rispondeva con sensibilità e classe a una precisa esigenza: portare conforto, lenire, finanche curare solitudine e spaesamento nei giorni successivi a weekend infiniti trascorsi nei dancefloor, a Berlino come a Londra, a ballare l’house prima, la minimal poi e dopo ancora l’EDM.

I Röyksopp non hanno mai discriminato le tribù dance, le abbracciavano tutte sotto un comune cielo stellato, una musica pensata per l’ascolto diurno eppure catartica come la più misteriosa delle notti, lontana dalle città, dallo smog e dalla nebbia.

Soprattutto i norvegesi hanno sempre avuto dalla loro un gusto melodico che ai tempi del succitato debut innescava più sensati paragoni con MoonSafari degli Air che con la musica di pallose compilation down tempo d’inizio anni zero o degli ancora più pallosi remix del New Acoustic Movement.

Questo nuovo lavoro, dal punto di vista strettamente musicale, altro non è che Melody AM  vent’anni dopo.

La via nordica a Moon Safari, il french touch rivisitato dal circolo polare artico. 'The Ladde' e 'There, Beyond The Trees' sono strumentali che avrebbero potuto essere composti a Parigi come a Tromsø nei 90s o come oggi che a quelle sonorità ci rifacciamo per dare continuità a discorsi mai interrotti.

Guardare al passato per tentare di reimmaginare  il futuro. Nel disco ritroviamo  Susanne Sundfør  con il suo folk pop un po’ troppo impostato e perfettino, ma soprattutto c’è un matrimonio che s’aveva da fare (e da tempo), quello con Alison Goldfrapp. Con la front woman dell’omonimo duo alla voce i collegamenti con i 90s sono molteplici, c’è il trip hop e ci sono gli Orbital come pure i Daft Punk e quel tocco cinematico che tanto avevamo apprezzato in  Felt Mountain . E parliamo di continuità, non di nostalgie all’interno del classico pezzo electro pop che funziona proprio come sintesi delle sopracitate sfumature all’interno di un preciso intreccio timbrico-ritmico.

Stesso discorso vale per 'This Timeì, 'This Place', un intercity space-trance sulle rottedi Sasha. Sempre un piacere distinguere chi questo genere lo sa fare e chi ne fa pretesto per i peggiori appetiti delle big room dei Club. Ancora una volta, più che nel formato canzone, la magia del duo abita nelle pieghe più ambientali, quelle che restituiscono l’immaginario lunare della loroterra. In 'How The Flowers Grow' (dalle parti dell’ultimo  Trentemøller ) la purpregevole interpretazione dream pop di Pixx toglie più che aggiungere sfumature e potenza evocativa a un ottimo intreccio di tastiere e profumi Enya. Breathe con Astrid S certo funziona come pezzo pop.

Ma è un po’ il solito numero nordico, formulaico e nostalgico, vuoi per impostazione, vuoi per fruizione. L’inevitabile effetto stanchezza nel ritrovarci ad ascoltarne uno fatto così a questo punto della loro carriera. Profound Mysteries tende alla magia evocata nel titolo toccandola in alcuni punti. È quanto basta per farne un disco con le sue ragioni d’essere, autonomamente dalla narrazione, del marketing e dai cortometraggi abbinati.

A cura di SpazioMusica

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