Ad anticiparlo, un lead single – Compliance – che si pone in continuità con quanto abbiamo già ascoltato in Drones e Simulation Theory sul lato del revival 80s della loro produzione recente.Con la differenza che parliamo di una delle tracce più (electro) pop del disco e forse del gruppo.
È anche la villain song del caso, con Bellamy a cantare dal punto di vista di un dittatore che promette una vita senza problemi e timori in cambio di incondizionata obbedienza. Nel relativo clip, girato in Polonia da Jeremy Durand e che riprende la trama del film Looper, un agente governativo viaggia nel passato per uccidere criminali prima che possano compiere i loro misfatti.
Protagonisti sono tre bambini con il volto coperto da maschere che uccidono le rispettive controparti adulte. A precedere Compliance è il primo brano estratto, Won’t Stand Down , a sua volta accompagnato da un videoclip girato da Jared Hogan in Ucraina.
Le tematiche sono quelle di brani come Pressure e Uprising , la canzone parla di rivolta dal punto di vista di un oppresso determinato a non farsi più schiacciare dal proprio persecutore. L’arrangiamento va di conseguenza. Ritroviamo l’amata/odiata teatralità vocale di Bellamy e un tiro tra l’interludio cyber-rock e l’affondo nu metal. Nel videoclip, una misteriosa regina sembra “succhiare” l’energia di una massa di persone vestite di scuro; il tutto finché non arriva a trasformarsi in una cupa evoluzione di sé stessa. Seguono la Title Track (uno scanzonato glam stomp rock) e Kill Or Be Killed, dai richiami metal old school e cantato à la primi Radiohead, brano che secondo il frontman è stato ispirato da Live And Let Die di Paul McCartney (ma che di fatto nulla ha a che fare con la canzone).
L’album di Matt Bellamy, Dominic Howard e Chris Wolstenholme ha tutto l’aspetto della prova (futur) pop del marchio Muse. La prosopopea di Queen e Radiohead prima maniera non mancano neppure qui (e come potrebbero?), anzi quell’immaginario viene proiettato su Marte come in un marcio sogno di Philip K. Dick. Ma piano con i facili elogi: Will of The People non è Memoria totale bensì un suo adattamento teen action movie hollywoodiano.
Non sorprende trovarci un vincitore di un Grammy Award Serban Ghenea a missarlo, con Dan Lancaster a curare quello di Won’t Stand Down e Aleks von Korff a dare un ulteriore missaggio a Kill Or Be Killed. Il prodotto è confezionato per essere un blockbuster nella sua categoria.
Il kitsch è maneggiato con un pizzico di umorismo come Schwarzenegger insegna ma l’apprezzabilità non va oltre la buona resa del materiale video abbinato ai brani, che altro non sono che brandelli di storia del rock rimescolati con temi sci-fi.
C’è sempre tanta urgenza nella musica dei Muse.
A cura di SpazioMusica