Editoriale - 06 ottobre 2022, 23:47

Dire la 'nostra' verità non è sempre dire 'la' verità

Pieter Brueghel il Vecchio ha immaginato così la Torre di Babele, simbolo biblico dell'incomprensione dialettica

Pieter Brueghel il Vecchio ha immaginato così la Torre di Babele, simbolo biblico dell'incomprensione dialettica

Non ci capiamo più. Ci si parla ma non ci si ascolta, evidentemente. O si crede di ascoltare ma in realtà si ode semplicemente quello che ci interessa udire e si dice ciò che si vorrebbe fosse la verità anche quando non lo è del tutto, trasformando così 'la' realtà nella 'nostra' realtà, quindi in una bugia che per primi raccontiamo a noi stessi.

Solo così si possono spiegare le profonde quanto assurde incomprensioni che sempre più lacerano i rapporti nelle famiglie, negli ambienti di lavoro e via via salendo fino alle relazioni internazionali tra Stati. 

Oggi è accaduto che la qualificata redazione aostana di una seria agenzia di stampa italiana abbia diffuso una notizia riportando, virgolettate, frasi che il sindaco di Aosta, Gianni Nuti, avrebbe proferito direttamente al cronista dell'agenzia. Poche ore dopo, però, lo stesso Nuti con una nota dell'ufficio stampa comunale ha smentito categoricamente di aver mai rilasciato le dichiarazioni riportate.

Difficile pensare che il giornalista professionista di una struttura deputata a informare nientemeno che le redazioni dei giornali possa inventarsi frasi dettegli da qualcuno, per di più se questo qualcuno ricopre la carica amministrativa apicale della città. 

E' però altrettanto difficile immaginare che l'attuale sindaco di Aosta, peraltro persona mite (nel senso Patrikvesaniano del termine), ragionevole e onesta, possa sbilanciarsi al punto da negare pubblicamente di aver detto una cosa sapendo invece benissimo di averla detta. 

E quindi, chi ha ragione? O meglio, chi dice la verità? Molto probabilmente hanno ragione tutti e due. Anzi, tutti e due han detto la verità; ciascuno la propria, però.

Immagino che il giornalista abbia certamente parlato con il sindaco, che gli ha detto le frasi poi ritrovate virgolettate nel pezzo di agenzia; Nuti dal canto suo non ha riflettuto sul fatto che si stava rivolgendo a un cronista in servizio e che quindi le sue esternazioni avrebbero preso forma di dichiarazioni ufficiali (lui infatti nega di aver "rilasciato dichiarazioni", non di aver detto le precise parole riportate dal giornalista). 

Se mi sbaglio, uno dei due ha mentito sapendo di mentire e questo lo ritengo impossibile. 

Questo piccolo incidente comunicativo, però, simile a tantissimi altri che si susseguono ogni giorno negli ambiti più disparati del consorzio umano, è mirabile nel confermare quanto mai come ora sia divenuto difficile comunicare, cioè relazionarsi con i propri simili attraverso il linguaggio. E questo sembra quanto più stupefacente perché accade nell'era della comunicazione globale, in un periodo storico in cui sono i mezzi di comunicazione - ma forse ancor di più, e immeritatamente, i social media -  a decidere cosa 'è' e cosa 'non è'.

Oppure non c'è niente da stupirsi, in quanto se simili incidenti accadono è proprio perché per la maggior parte del tempo si comunica soltanto con tastiere e schermi, con tramiti elettronici e artificiali, perdendo così progressivamente l'uso della voce se non per alzarla quando si vuol aver ragione a tutti i costi; dimenticando il senso e il 'buon senso' delle parole dette al momento giusto e soprattutto ascoltate, al momento giusto.

Nei consessi politici, nelle tribune televisive, ma anche in tanti luoghi della vita quotidiana, quasi sempre a dominare il confronto è la cacofonia di voci che si accavallano, in una babele di comunicazioni incomprensibili e informazioni confuse, distorte. 

E poi c'è questo problema che sembra che oramai tutti noi vogliamo avere ragione sempre e comunque; tutti siamo profeti, critici, consulenti, opinionisti, soprattutto tuttologi del nulla. 

Ma non possiamo continuare a credere a questa evidente bugia: non abbiamo sempre ragione anzi non l'abbiamo quasi mai, perché la ragione ce la modelliamo su ciò che più ci fa comodo, non su quello che è giusto. 

Usciamone ora, subito, da questa trappola. 

Proviamo allora semplicemente a tornare a parlarci senza filtri, uno di fronte all'altro con serenità e necessarie pause, senza distrazioni messaggistiche (ma quanto dà fastidio parlare con qualcuno che contemporaneamente sta chattando al telefono...) e soprattutto guardandoci negli occhi francamente, avendo ben chiaro chi abbiamo davanti.

Sarà una sorpresa riscoprire che il nostro prossimo, molto spesso, è il nostro miglior specchio e ha la nostra stessa voce.

patrizio gabetti

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