Le Tiroir - 21 giugno 2022, 22:15

La guerra e l’energia, la realtà e i fake

La guerra e l’energia, la realtà e i fake

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Il vostro cassetto accoglie oggi le considerazioni dell'ingegnere aostano Ezio Roppolo, con l'augurio che possa aprire un fertile dibattito. 

"Alcuni argomenti di grande attualità e vitale importanza per società ed economia tendono a venire trattati con superficialità e imprecisione inaccettabili. Vorrei portare all’attenzione dei lettori alcuni di questi.

Parlare ad esempio della devastante guerra in Ucraina come di una sorpresa e di un’eccezionalità per l’Europa dalle generazioni dai baby boomers in poi è un’offesa all’intelligenza di coloro che osservano la realtà continentale degli ultimi decenni. Escludiamo le innumerevoli e durature azioni condotte sotto l’egida dell’ONU, escludiamo pure quelle condotte da Stati Europei “fuori campo” (a memoria, ricordo almeno la guerra delle Falkland/Malvinas),escludiamo pure le azioni terroristiche anche non isolate. Rimaniamo nell’ambito dei 2000 km che separano Roma o Brussels da Kiev: servono entrambe le mani per contare le “operazioni militari cruente” che, etichettate a seconda della propaganda del momento, hanno arrossato di sangue le strade dal 1945: Ungheria (1956), Algeria (1954-62), Cecoslovacchia (1968), ex-Yugoslavia (1991-2001, ma sono mezza dozzina i differenti conflitti), Libia (dal 2011).Purtroppo, mi pare che siamo in linea con l’aggressività dei secoli passati; non trovo niente di sorprendente nella tragica atrocità delle battaglie aperte nel 2014 e riaperte a febbraio di quest’anno. I decantati 70 anni “di pace e prosperità” hanno riguardato solo la parte centro occidentale del continente.

Un altro esempio di parole spese a vanvera riguarda l’energia: è il fattore fisico che distingue l’economia attuale da quella precedente la rivoluzione industriale di oltre quattro secoli fa. Ecco perché l’evoluzione dell’umanità ha utilizzato le rive dei fiumi per i primi insediamenti urbani: l’acqua è stata utilizzata da sempre anche come fonte di energia. Eppure, solo pochi mesi fa il Copasir (1), la commissione parlamentare che sorveglia le azioni dei servizi segreti e la “sicurezza nazionale”, ha scoperto che è un fattore di rilievo strategico. Tuttavia, le conclusioni che vengono tratte sono dettate dagli industriali dell’energia, che raccontano frottole invereconde per salvaguardare il loro orticello, redditizio come non mai.

Per quanto riguarda la dipendenza energetica dalle fonti fossili, in particolare di quelli provenienti da Mosca, dobbiamo notare che l’asse Berlino-Roma ha fallito un’altra volta dopo Adolfo-Benito; Germania e Italia sono nell’ordine i due grandi Paesi europei con il problema più acuto (2). Non solo energia ed economia, ci hanno portato nell’infelice posizione di finanziare la guerra su entrambi i lati: fornendo soldi a Putin e armi a Zelensky. Dalla padella alla brace, l’alternativa è ora quella di acquistare energia inquinante da regimi non migliori di quello russo. Naturalmente, il fio di questi “errori” è sempre a carico di Pantalone, mica di Merkel, Berlusconi o Draghi & Co.

Oltre al problema dell’approvvigionamento, si pone il serissimo problema dei prezzi. Ma qui la guerra non è stata la causa scatenante: il rincaro è iniziato ben prima ed è stato causato dalla ripresa economica post-covid. Infatti, un esempio evidente è dato dalla Compagnia Valdostana delle Acque (produttrice di energia rigorosamente solo rinnovabile) ha beneficiato già nel 2021 (3) del rincaro delle bollette che ha permesso di raddoppiare senza fatica gli utili rispetto al 2020, poiché i costi di produzione sono rimasti invariati.

Infatti, particolarmente in Italia, il vero problema è causato dal Governo dei Migliori: l’aumento dei prezzi infatti induce il proporzionale incremento del gettito fiscale. Questo è un ottimo motivo per evitare resistenze al banchetto degli Operatori e limitarsi ad un pannicello con il piccolo prelievo sugli extra profitti per lenire le ferite delle piccole imprese e dei ceti medi e bassi. Si tratta dello stesso, diciamo, “errore concettuale” verificatosi nel momento del passaggio lira/euro o difronte allo stesso tipo di problema (guerra del kippur, esplosione dei prezzi del petrolio) che generò l’ondata inflazionistica degli anni 1970.Qualche mente (francofona, ma anche italica) particolarmente illuminata pensa di risolvere con il ritorno al nucleare. Senza entrare nel tecnico, è opportuno rimarcare la differenza, assolutamente abissale, tra fusione e fissione nucleare.

La decisione UE di includere nella tassonomia delle tecnologie di produzione di “energia rinnovabile” riguarda il nucleare a fissione, lo stesso di Chernobyl e Fukushima, ma di quarta generazione (quella di Hulk… infatti dovrebbe essere verde) ancora non è definitiva, mentre industrialmente questa “nuova” tecnologia potrebbe essere operativa nel prossimo decennio. La fusione è invece il Sacro Graal dell’energia: tutti lo cercano, nessuno è ancora vicino ad averlo trovato e, soprattutto, sa se e come funziona. Il reattore europeo ITER, noto per i colossali sforamenti di budget e di tempi, più che per i successi tecnici è tra le iniziative: Eurofusion (4), il consorzio che gestisce il progetto, dichiara sul sito che per il 2039 prenderà la decisione di costruire un reattore operativo. Quindi parlare di “soluzione imminente” per la fusione e/o confonderla con la fissione dimostra totale ignoranza in materia.

Esaminiamo ora un campo specifico, battendo metaforicamente la lingua dove duole tutto l’arco dentario…Per giustificare il mantenimento di laute rendite di posizione, i concessionari dell’idroelettrico mettono in campo improponibili confronti con altri Paesi sulla durata delle concessioni o sulla protezione da proprietà straniere che sfrutterebbero senza riguardo il nostro ambiente. Per quanto riguarda il primo punto, dovrebbe essere sufficiente osservare che in Norvegia, maggior produttore europeo, il 90 % delle risorse idroelettriche sono gestite dallo Stato o dalle Autorità locali. Mi sembra ovvio - là, nel vero “profondo nord” - pensare che la proprietà pubblica sia la miglior garanzia di utilizzo rispettoso dell’ambiente e delle esigenze sociali locali e che pertanto la concessione sia perpetua.

Per quanto riguarda il secondo punto, noto che in Italia già esistono proprietà straniere di società idroelettriche. La citazione più scontata è Edison, proprietà della francese Edf.

L’altra francese, Engie, in Valle d’Aosta controlla Telcha, società di teleriscaldamento che ha recentemente mostrato agli aostani la vera e dura logica di business cui si ispira. Altrettanto ovviamente, sono attive in Italia altre società idroelettriche straniere, tra le quali società di proprietà pubblica svizzere e norvegesi. Per quanto riguardalo sfruttamento delle risorse e dei territori, la conoscenza di fatti e misfatti di gestione in molte realtà locali dimostra che le società nostrane abbiano ben poco da imparare in questo ambito, da Enel agli imprenditori del “piccolo” idroelettrico. Ecco perché è oggi opportuno essere favorevoli alla regionalizzazione delle concessioni idroelettriche e soprattutto alle gare per il rinnovo delle concessioni: l’adeguata definizione dei bandi di gara e la sorveglianza nel periodo operativo sono le uniche possibilità per i territori di migliorare le condizioni di utilizzo della risorsa acqua e di volgere a proprio favore il rapporto economico con i concessionari.

E, per pudicizia, NON parliamo di durate delle concessioni. Gli investimenti di cui favoleggiano le associazioni imprenditoriali avrebbero potuto e dovuto essere realizzati, in particolare le manutenzioni, durante i periodi già scaduti di concessione: se non lo hanno fatto prima, di certo non lo faranno nel futuro, a prescindere dalla durata delle concessioni. In ogni caso, proprio l’esempio della nostra CVA dimostra che durate ventennali sono più che sufficienti per rientrare ampiamente di qualsiasi investimento nell’idroelettrico: proprio nei suoi vent’anni di vita, CVA (5) ha realizzato almeno 4 “rientri” (uno ogni 5anni) dei propri investimenti, nonostante amenità gestionali sistematiche del tipo “turbine cinesi” (6).Dedico le ultime considerazioni alla realtà valdostana.

In primis, è evidente l’inadeguatezza ormai decennale della politica sull’argomento. Invece di cercare di cedere quote o addirittura il controllo della più strategica, migliore e maggiore fonte di ricchezza del territorio, sarebbe stato possibile rendere perpetuamente valdostana anche la gestione, oltre alla proprietà delle acque, di TUTTE le acque. Con una normativa di attuazione lontana da impostazioni ultra-liberiste, notoriamente e ripetutamente perdenti in questi ambiti, sarebbe stato possibile mantenere pubblica proprietà e gestione delle infrastrutture di produzione e distribuzione, ma non è stato e non sarà così.

In secondo luogo, sebbene altrettanto rilevante per il territorio, anni fa si sarebbe dovuto puntare a una transizione energetica anticipata; oggi si sarebbe raggiunta la totale indipendenza energetica, possibile a conti fatti sul bilancio energetico regionale (7). Non è stato e non sarà così, anche perché le risorse economiche sono state dirottate da CVA, per scelta politica confermata dalla Corte Costituzionale, al Casinò, alle pensioni dei Consiglieri Regionali, eccetera…A proposito ….. con l’indipendenza energetica, le aziende e le famiglie valdostane non avrebbero subito alcuna conseguenza sulla propria bolletta energetica (solo elettricità, più niente gas e petrolio) …. ma CVA, poverina, avrebbe solo mantenuto il livello standard di redditività.

Per completezza, aggiungo che non sarebbe indispensabile alcun “rinforzo” alle fonti idroelettriche, se non sotto forma di adeguata capacità di immagazzinamento dell’energia. La termovalorizzazione è diffusa da tempo. Bolzano è uno degli ultimi esempi in Italia. Non per questo, la scelta altoatesina è opportuna anche in Valle d’Aosta. se non altro per le dimensioni e la morfologia del territorio.

Per esempio, a Bolzano (8) stanno sperimentando l’idrogeno per la trazione di alcuni. Solo alcuni, visto che costano ad acquistarli e ad usarli sei volte gli altri e il doppio di quelli elettrici, visibili nella vicina Torino (9). La strada della termovalorizzazione è da ormai qualche anno costellata da clamorose retromarce, come a Copenhagen (10), l’impianto famoso per la pista da sci sul tetto.

Mi permetto di affermare infine che le discariche di rifiuti pericolosi e speciali, in funzione con deroga imperiale e le nuove attività di smaltimento di rifiuti altamente inquinanti come le batterie al piombo sono già sufficienti a mantenere i numeri, quelli non taroccati, di diffusione di malattie riconducibili ad inquinamento.

I rifiuti “made in Aosta” potrebbero essere efficacemente riciclati con largo utilizzo di manodopera, senza aggiungere fonti potenzialmente nocive come appunto la pirogassificazione.

(1)https://www.parlamento.it/application/xmanager/projects/parlamento/file/repository/commissioni/bicamerali/copasir18/Relazione_Copasir_sicurezza_energetica_BOZZA. 

(2) https://www.infodata.ilsole24ore.com/2022/02/25/quali-paesi-europei-dipendono-piu-dal-gas-russo/ 

(3) https://www.euro-fusion.org/eurofusion/roadmap/ 

(4) https://www.ansa.it/valledaosta/notizie/2022/05/20/energia-per-cva-lutile-netto-e-raddoppiato-nel

(5) https://www.cvaspa.it/bilanci-e-dati-finanziari-gruppo-cva 

(6) http://www.consiglio.vda.it/attivita-organi-consiliari/commissioni-speciali-xiii-legislatura/commissione-d-inchiesta

(7) https://www.regione.vda.it/energia/pianificazione_energetica_regionale/bilanci_energetici_regionali-ber-2011-2019_i.aspx 

(8) https://www.altoadige.it/cronaca/bolzano/bus-sasa-a-idrogeno-spesi-oltre-11-milioni-1.1730510

(9) https://www.vaielettrico.it/altri-50-bus-elettrici-byd-per-gtt-torino/ 

(10) https://zerowasteeurope.eu/2017/10/copenhagen-goes-all-in-on-incineration-and-its-a-costly-mistake/ 

https://economiacircolare.com/inceneritore-copenaghen-luzzati/ 

https://economiacircolare.com/dati-inceneritore-copenaghen/

Ezio Roppolo - ingegnere aostano

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